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mercoledì 9 dicembre 2009

SULLE TRACCE DELL'AQUILA


Dal 17 al 25 luglio 2009 sono andata all'Aquila come tirocinante del corso di Counseling Professionale di Verona, all'interno del progetto CTF ( Camillian Task Force) organizzato dai Camilliani. Ero partita piena di entusiamo, insieme ad altre due colleghe, nello stesso tempo però temevo di non essere all'altezza della situazione. La cosa più bella è stata condividere l'esperienza con altre due persone, cosa che ci è stata di molto aiuto, fin dai primi momenti. Appena arrivate a Coppito, dove c'era la sede della Caritas dell'Aquila ( un conteiner di fortuna) siamo state accolte da Angelo, il vicedirettore del Centro, ed è con lui che abbiamo cominciato a fare i conti con la stanchezza e la fatica che il terremoto con le sue conseguenze ha provocato nel cuore degli aquilani. Dopo esserci sistemate in un piccolo alberghetto per la notte, il giorno seguente siamo entrate nel cuore dell'Aquila, prendendo contatto con la gente di strada che, con l'occasione di chiedere informazioni, ti apriva il cuore, facendoti partecipe della loro situazione. Come persone siamo rimaste impressionate dalla tenacia di questa gente, così provata dalla devastazione provocata dal terremoto. Ci siamo commosse di fronte al racconto della loro esperienza, al dolore manifestato per la perdita di persone care, della casa e della propria città. Abbiamo condiviso l'ascolto delle loro vicende, la fatica di constatare la provvisorietà della vita e l'incertezza per il futuro. Abbiamo respirato nell'aria la tensione continua provocata dalle scosse che sembravano non finire mai. Nello stesso tempo abbiamo ammirato la forza d'animo di tanti aquilani, la determinazione nel cercare di rinascere e di far rinascere la loro città. Spesso io, Michela e Lara ( le due compagne di viaggio) ci siamo ritrovate senza parole di fronte ai racconti che via via nascevano dalle persone incontrate. Ogni parola era densa di significato e ricca di emozioni, a volte impegnative da sostenere. Durante i momenti di aggiornamento e di formazione abbiamo provato stupore nell'incontrare tanti giovani e adulti volontari sia della Caritas, sia della Protezione Civile pronti a regalare la loro presenza discreta ma sicura, per aiutare e sostenere chi si trova smarrito e senza punti di riferimento su cui appoggiarsi. Abbiamo toccato con mano come il dolore può manifestarsi in tanti modi, a volte attraverso il silenzio, altre volte in discorsi copiosi e senza freno. Comunque abbiamo scoperto tanta solitudine, ma anche tanta voglia di condividere la propria situazione. Abbiamo constatato negli anziani la tendenza a lasciarsi andare. Molti di loro infatti stanno morendo, come ci raccontavano le responsabili della Caritas locale. Ma alcuni di essi, sostenuti dall'affetto dei propri cari, sembravano affrontare il lutto delle loro perdite, aggrappandosi ai ricordi e dando voce al loro strazio attraverso il canto. Con questi è stato naturale condividere un abbraccio, una carezza, un grazie che veniva dal profondo del cuore. Abbiamo sentito il peso e la fatica di entrare in contatto con un dolore così generalizzato, dove tutto sembrava sepolto sotto le macerie, come quelle incontrate lungo le vie principali dell'antica città. Durante le varie giornate Michela si è fermata a sostenere le operatrici della Caritas locale, anch'esse bisognose di ascolto. Io e Lara invece siamo andate in giro per la città ad accompagnare due anziani fratelli che cercavano la loro banca di riferimento, per recuperare i soldi della pensione che non arrivavano. E' stata un'occasione molto propizia per sperimentare il disorientamento e la fatica estenuante di dover girare a vuoto, senza trovare la strada e senza avere informazioni adeguate. Le altre mattine e pomeriggi siamo state impegnate per fare ascolto sia delle persone che incontravamo nelle varie tendopoli, sia dei parroci che ci erano stati affidati dalle operatrici della Caritas. Molti sono stati gli incontri significativi, anche quelli avuti alla sera in albergo, dove ci incontravamo con degli operai impegnati per la costruzione di nuove case. Anche con loro abbiamo condiviso le nostre esperienze e le relative emozioni. L'ascolto dei loro interrogativi e delle loro provocazioni ci spingeva a cercare insieme delle risposte, senza avere la pretesa di imporre le nostre convinzioni, ma mettendoci al loro fianco come persone in ricerca e in cammino. Ci rimane nel cuore lo slogan stampato nelle magliette degli operatori della Caritas:"TERREMOTOSTO". L'esperienza è stata arricchita grazie anche alla condivisione e al confronto che quotidianamente facevamo tra di noi, sostenendoci a vicenda. Noi che eravamo arrivate con il progetto di aiutare i terremotati abbiamo ricevuto molto di più di quello che abbiamo donato.